OSL016
Compagnia Lombardi-Tiezzi

L’Ambleto

di Giovanni Testori

Opuscoli Sandro Lombardi 16
Gennaio 2002
24 x 17 cm
71 pagine
11 euro

Stampato in cinquecento esemplari presso la Tipolitografia Queriniana.

Copione di Giovanni Testori. Dieci fotografie di scena di Marcello Norberth. Trentaquattro illustrazioni b/n per una "iconografia ingiallita" della compagnia teatrale.

Fondato nel 1972 a Firenze con il nome di Carrozzone, il gruppo teatrale di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi si è segnalato sin dai suoi esordi come una delle realtà più interessanti e innovative nel panorama italiano ed europeo. Attraverso svariate metamorfosi (Magazzini Criminali, Compagnia Teatrale I Magazzini), la compagine fiorentina ha assunto nel 2001 il nome di Compagnia Lombardi-Tiezzi.

In un teatrino o forse addirittura su un palchetto improvvisato di qualche fiera paesana nella provincia lombarda, una strampalata compagnia di attori, gli Scarrozzanti, rappresenta un bizzarro Amleto. Il protagonista irrompe in scena rivolgendosi al pubblico e dichiara l’inizio della tragedia, ubicandone la collocazione in un’improbabile Elsinore alle porte di Milano. Si tratta di un gruppo di guitti, costretti, per povertà di organico, a far interpretare Ofelia e Gertrude a una stessa attrice, così come anche i ruoli di Polonio e Claudio ricadono entrambi su un unico attore. Solo gli interpreti di Amleto, Orazio (qui detto "il Franzese") e Laerte possono permettersi il lusso di un ruolo tutto per sé.
Così inizia L’Ambleto, 1972, prima di una lunga serie di geniali riscritture drammaturgiche di Giovanni Testori. Qui, all’inizio degli anni settanta, l’autore affrontava la tragedia shakespeariana trasformando Amleto in Ambleto, guitto-contadino, rivoluzionario disperato e nemico giurato delle istituzioni e di ogni forma di potere, ma anche mammarolo incallito e sentimentale. Dietro il furore dissacratorio di questa tragedia popolare, palpita anche un abbandono tenerissimo alla potenza dei sentimenti, che non ne sminuisce la dirompente forza eversiva né le potenzialità buffonesche.

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Marcello Norberth, fotografia di scena tratta dal volume